GIOVEDì 16 gennaio 2020 ore 22.10 (Sala ODEON) VENERDì 17, SABATO 18 e DOMENICA 19 gennaio ore 16 - 18.30 - 21 (Sala ODEON) TUTTI gli spettacoli saranno in V.O. con sottotitoli |
Regia
Hirokazu Kore-Eda
Genere
THRILLER
Durata
124'
Anno
2019
Produzione
FILM, INC.
Cast
Masaharu Fukuyama (Tomoaki Shigemori), Kôji Yakusho (Takashi Misumi), Suzu Hirose (Sakie Yamanaka), Yuki Saitô (Mitsue Yamanaka), Kôtarô Yoshida (Daisuke Settsu), Shinnosuke Mitsushima (Akira Kawashima), Izumi Matsuoka (Akiko Hattori), Mikako Ichikawa (Itsuki Shinohara), Isao Hashizume (Akihisa) |
L'autorevole avvocato Shigemori assume la difesa di Misumi, un uomo accusato per rapina e omicidio con precedenti penali, sempre per omicidio, risalenti a 30 prima. Le possibilità di vittoria di Shigemori sembrano minime poiché il suo cliente ha ammesso di essere colpevole, nonostante il rischio di una condanna alla pena di morte. Shigemori, però, ascoltando le testimonianze della famiglia della vittima e dello stesso Misumi inizia a dubitare della reale colpa del suo assistito...
Il signor Misumi uccide e brucia il suo ex datore di lavoro sul greto di un fiume. O almeno, questo è quello che vediamo all’inizio del film. Dopo aver scontato 30 anni di prigione per un omicidio commesso in gioventù, ora Misumi – reo confesso – rischia la pena di morte. Ma quando l’avvocato Shigemori (figlio del giudice che, 30 anni prima, aveva evitato la pena capitale all’uomo) assume la difesa di Misumi, inizia a comprendere che quella verità apparentemente così limpida e assoluta potrebbe nascondere sfumature talmente ampie da poter ribaltare un verdetto che sembra scontato. Kore-Eda Hirokazu prosegue la sua indagine nell’animo delle persone quando si trovano dinanzi a una svolta della loro vita. In questa occasione sceglie però di mutare contesto affrontando la stessa tematica dal punto di vista del legal drama. Esiste la verità, un'unica incontrovertibile verità? E ha senso parlarne quando si tratta della sentenza di un processo, ovvero del risultato di un procedimento giuridico che mira a trovare, o eliminare, colpe piuttosto che ad ottenere la fedele ricostruzione di ciò che è accaduto? Ed inoltre, le convinzioni dei legali possono, o devono, influenzare le azioni che questi compiono nel difendere il proprio cliente? Prova a chiederselo Hirokazu Koreeda nel suo ultimo lavoro dal titolo Il terzo omicidio, film che potremmo ascrivere al filone dei thriller processuali e che si discosta tantissimo da quanto il regista giapponese aveva realizzato negli ultimi anni, quando era stato apprezzato, da noi e dalla stampa internazionale in genere, per dei family drama delicati e toccanti come Father and Son, Little Sister e Ritratto di famiglia con tempesta, presentati in quel di Cannes tra il 2014 ed il 2016.
Soggetto: Hirokazu Kore-EdaTrama
Critica
“Il tribunale non è il luogo in cui si stabilisce la verità”. Parte da questo assunto, Hirokazu Kore’eda, per mettere in atto questa grandiosa riflessione sull’impossibilità della verità e sulla vacuità della giustizia: The Third Murder (e capire quale sia questo terzo omicidio non è difficile…) si snoda lungo i sentieri del legal drama ma è in realtà un percorso labirintico dentro la natura e le pulsioni degli uomini.
Verità e menzogna sono le due facce di una stessa medaglia, in fondo, e stabilire con certezza che cosa è accaduto davvero è impossibile. In questo continuo andirivieni di dubbi e certezze, entrano in gioco anche la moglie e la figlia della vittima: chi era, davvero, quest’uomo ucciso in maniera così brutale? E chi è diventato, dopo 30 anni di galera, l’uomo che ora si dice colpevole anche di questo omicidio e che rischia di essere condannato a morte?
Kore’eda ci fornisce lungo la via indizi e tasselli per provare a ricomporre un disegno che, legalmente, troverà una sua risoluzione. Ma che, ovviamente, non soddisfa i criteri di verità e giustizia. Proprio perché impossibili da soddisfare: la nostra società, come ricorda lo stesso regista, “condona un sistema imperfetto che non può reggersi a meno che le persone non giudichino altre persone senza sapere la verità”. E il cinema, strumento di verità e menzogna per eccellenza, non può far altro che ricordarcelo.
Valerio Sammarco, Cinematografo.it, 5 Settembre 2017
Non c’è nulla come un’aula di tribunale e le sue più o meno immediate adiacenze carcerarie per favorire la querelle su cosa sia la verità. Così come non c’è nessuno come un avvocato difensore impegnato a cercare di conoscerla per poi piegarla alle sue strategie. Kore-Eda mette di fronte non solo un avvocato e un imputato recidivo ma anche due generazioni. Se Misumi e vicino alla sessantina e ha già avuto modo di conoscere le dinamiche processuali essendo stato salvato dalla pena capitale proprio dal padre di Shigemori, allora giudice, l’avvocato è giovane, convinto e determinato. Determinazione destinata a infrangersi in tempi rapidi contro il vetro di separazione della stanza dei colloqui. Perché Misumi, pur essendosi dichiarato colpevole, muta costantemente la sua versione dei fatti.
Visto nella contestualizzazione nipponica il film assume un aspetto ulteriore rispetto a quello che si può rilevare se non si vive nel Paese del Sol Levante. Perché forse non tutti sono a conoscenza del fatto che l’esecuzione avviene per impiccagione ma che, soprattutto, il condannato non è a conoscenza della data fissata per la sua soppressione e quindi ogni giorno per lui può essere l’ultimo. Non deve sapere così come le sue vittime non sapevano che, a causa sua, non avrebbero visto un altro sorgere del sole. Questo offre un’ulteriore chiave di lettura che è comunque secondaria rispetto alla ricerca di cosa sia vero e di cosa non lo sia. Poco importa che a un presunto omicidio conseguente a un licenziamento in tronco si aggiungano ipotesi di malversazioni nell’ambito della tutela alimentare o ombre di adulterio se non di incesto. Queste sono solo occasioni narrative, pretesti per interrogarsi sulla domanda a cui Pilato, nella nostra cultura religiosa, non riceve risposta da Gesù: “Cos’è la verità?” Kore-Eda, in un film in cui compare una croce il sui significato simbolico viene lasciato alla nostra interpretazione, si pone lo stesso interrogativo. La risposta sembra essere affidata ad uno, nessuno e centomila da questo nuovo Pirandello con gli occhi a mandorla.
Giancarlo Zappoli, Mymovies.it, 5 settembre 2017
La storia di Il terzo omicidio inizia con l'avvocato Shigemori, figlio di un giudice in pensione, che viene convocato dal collega più anziano Settsu per assisterlo in un caso di difficile gestione: si tratta della rapina con omicidio del proprietario di una piccola azienda, per il quale è sospettato uno dei dipendenti della vittima, tale Misumi, già condannato in passato per un doppio omicidio compiuto trenta anni prima. L'uomo, appena licenziato dall'uomo che avrebbe ucciso, non sembra avere possibilità di essere assolto, al punto da dichiararsi colpevole, quindi il compito di Shigemori e colleghi è soltanto quello di portare il verdetto del giudice verso una sentenza a vita piuttosto che alla pena di morte. Eppure, colloquio dopo colloquio con il suo cliente, i dubbi di Shigemori aumentano ed i racconti dell'imputato continuano a variare. Nel frattempo, le indagini proseguono, lo conducono fino in Hokkaido e soprattutto lo portano a contatto con la figlia dell'uomo ucciso, Sakie, una quattordicenne con problemi fisici, violentata dal padre e dal forte legame con il cliente che sta cercando di difendere.
Hirokazu Koreeda si prende i suoi tempi per gestire andamento e struttura della storia, ricalcando le caratteristiche del dramma processuale, ma sfruttandole per dar vita e valore al messaggio e le riflessioni che più gli interessano. È centrale, infatti, ne Il terzo omicidio il ragionamento sulla verità a cui abbiamo accennato, sottolineato ed enfatizzato dai dubbi che man mano si instillano nella mente di Shigemori, a dispetto di una lucidità e professionalità nell'affrontare e gestire il processo, cercando di limitare i danni ed evitare la pena capitale per il proprio cliente. Il risultato è un film diverso dagli ultimi lavori dell'autore giapponese, più rarefatto e dilatato, meno semplice e diretto, più radicato nella sua cultura per il modo in cui alcuni dei suoi valori fondanti lo permeano, come il senso del dovere.
Ma il vero cuore pulsante de Il terzo omicidio è l'interpretazione di Koji Yakusho, che incarna l'intensità e il dramma interiore di un sofferto Misumi. È nel ripetuto faccia a faccia tra lui ed il freddo Shigemori di Masaharu Fukuyama che il senso del film di Koreeda trova compimento, in lunghi e dilatati colloqui che risultano vivi e vibranti nonostante l'inevitabile staticità della messa in scena. Sono segmenti corposi che il regista riesce a valorizzare con un ispirato uso del vetro che separa i due personaggi nella stanza degli interrogatori, arrivando a sfruttare il riflesso per sovrapporne i volti nel lungo, intenso colloquio finale. The Third Murder è un lavoro diverso del regista di Father and Son, che va a cercare un pubblico ed un'estetica diversi. Un film che mira più in alto e non riesce a far centro in ogni aspetto, che risulta meno compatto del passato, ma ugualmente emozionante.
Antonio Cuomo, Movieplayer.it, 28 settembre 2018Altre informazioni
Sceneggiatura: Hirokazu Kore-Eda
Fotografia: Mikiya Takimoto
Musiche: Ludovico Einaudi
Montaggio: Hirokazu Kore-Eda
Scenografia: Yohei Taneda
Altri titoli: The Third Murder
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