Critica
Se c'è qualcosa che persiste di Nancy, anche molto tempo dopo la prima visione, sono gli occhi rotondi e inquieti di Andrea Riseborough, e quello sguardo liquido che sembra sempre sull'orlo di qualcosa. In procinto di piangere, di tradire, di tradirsi o di fare qualcosa di terribile. A se stessa o agli altri.
Più che un thriller, il bel film d'esordio di Christina Choe è lo studio di un personaggio smarginato, indefinibile perché sempre in fuga da se stesso: una donna senza passato (qual è la verità sulla sua nascita? Quello che racconta su sua madre è reale? Quella è davvero sua madre?), senza radici e senza età, ora infantile come una bambina ora consapevole come un'adulta.
Vittima o carnefice, pur nella sua impenetrabilità morale Nancy si fa leggere addosso il disagio dei nostri tempi - l'isolamento nella bolla digitale, l'ossessione per l'identità pubblica, la volontà di piacere agli altri per piacere di più a se stessi - e su questa sua patologica imperfezione costruisce un saldo patto di solidarietà con lo spettatore. Choe crea un'antieroina contemporanea, dalla grande potenza metaforica, i cui misteri non servono a far progredire una ben congegnata macchina narrativa, ma a raccontare un essere umano sospeso tra riscatto e depressione, genio e follia, che l'occhio della regista osserva con amorevole preoccupazione.
Un personaggio che Choe si rifiuta di usare come semplice strumento (altri registi avrebbero declinato le premesse della storia in una chiave più oscura), ma che accompagna con naturalezza in una spirale discendente, che dovrà condurla, per forza, allo scioglimento di quel castello di bugie. Un percorso di crescita che tuttavia non è privo di speranza, e che fa di Nancy la più riuscita delle molteplici incarnazioni da attrice camaleontica di Andrea Riseborough.
Produttrice oltre che interprete, l'attrice qui mette in gioco tutta la sua versatilità, perfettamente compatibile con un personaggio che gioca su molteplici piani di identità.
Giusti anche Smith-Cameron e Buscemi, credibile coppia sfasciata dal dolore della perdita, a un passo dal crollo quando Nancy fa il suo ingresso nella loro vita: il film cresce di intensità proprio dal momento in cui il test del DNA innesca il conto alla rovescia sul loro destino. E la domanda non è più se Nancy dica o meno la verità, ma se quell'incontro, nonostante tutto, possa essere l'inizio di qualcosa.
Ilaria Ravarino, Mymovies.it, 6 dicembre 2019
Thriller dell'anima e dramma psicologico, tra le righe Nancy racconta anche una società in cui è sempre più difficile distinguere il vero dal falso e dove si sognano vite alternative che possano compensare la pena della perdita e dell'infelicità. Nel caso della protagonista, vedere in televisione una coppia che ricorda la misteriosa scomparsa della figlia all'età di 5 anni, 30 anni prima, la induce a contattarli e a presentarsi a casa loro dopo la morte di sua madre, per dire che forse è lei la bambina di un tempo, le somiglia e potrebbe esserlo. Il padre è inizialmente diffidente, la madre si affeziona istintivamente a questa strana ragazza, ma nell'attesa di conoscere gli esami del DNA si creano dei legami. Non importa in fondo quale sia la verità, fin tanto che si può immaginare una vita diversa e più giusta. Chloe ci conduce all'interno di quell'America provinciale che vediamo poco nel cinema mainstream, nella periferia di un impero dove vive gente che non è glamour e stenta per sopravvivere ma esistono anche figure di intellettuali come i genitori della bambina scomparsa, che il grande dolore ha reso più uniti. Un paese immenso, in apparenza freddo e inospitale, dove ragazzini vanno a caccia con fucili non adatti a loro e connessioni improvvise si dimostrano quasi più forti dei legami di sangue.
Nancy non è un giallo, però ci tiene sempre sulle spine, perché partecipiamo con la protagonista a questo strano incontro senza sapere come finirà. Andrea Riseborough si conferma come una delle attrici europee più brave e trasformiste: gli occhi restano l'unica costante in un volto mutevole e drammatico, che può essere affascinante ma non teme di apparire brutto. L'abbiamo vista in Oblivion, in Mandy, Birdman, Morto Stalin se ne fa un altro e nel televisivo Black Mirror, ogni volta diversa e sempre impeccabile. Con Nancy aggiunge alla sua galleria di personaggi femminili un altro ritratto di donna particolare, che sembra calzarle come una seconda pelle. Vero e proprio camaleonte del cinema contemporaneo, Riseborough si spende allo stesso modo sia nel cinema ad alto budget che in una piccola pellicola indipendente come questa, mostrando un interesse per il lavoro dell'attore in quanto tale, dove a contare è l'umanità dei personaggi raccontati e non i soldi che ti danno per farli.
Vedere Steve Buscemi in un ruolo contenuto e compresso, con pochissime battute ma un mondo intero espresso attraverso lo sguardo e la fisicità, ci ricorda quanto sia straordinario questo attore, anche se a rubargli la scena è J. Smith Cameron, più nota per i ruoli tv, che ricopre con commovente intensità il ruolo della "seconda" madre. Completano il cast Ann Dowd e John Leguizamo, tutti interpreti capaci di dare corpo e forza al non detto come all'esplicito e di conferire realismo a personaggi che, a prescindere dal poco tempo in cui appaiono sullo schermo, sono elementi essenziali della storia. Si vede che gli attori credono alla qualità della scrittura di Christina Choe, di cui sono capaci di interpretare anche i silenzi e sono riconoscenti all'autrice per aver offerto loro un copione diverso dai soliti, che li costringe a scavare a fondo dentro se stessi. Una sfida che rappresenta un invito a nozze per chi abbia ancora la vocazione per il mestiere d'attore.
Daniela Catelli, Comingsoon.it, 10 dicembre 2019