VENERDì 13 dicembre 2019 ore 20.30 (Sala Lampertico) ore 22.00 (Sala ODEON) SABATO 14 dicembre ore 16.15 (Sala Lampertico) 18.00 (Sala ODEON) 20.30 (Sala Lampertico) DOMENICA 15 dicembre ore 16.30 - 18.30 - 20.30 (Sala Lampertico) Ore 20.30 in V.O. con sottotitoli |
Regia
Pierre-François Martin-Laval
Genere
DRAMMATICO
Durata
107'
Anno
2019
Produzione
WAITING FOR CINÉMA
Cast
Gérard Depardieu, Isabelle Nanty, Pierre-François Martin-Laval, Dider Flamand, Emmanuel Ménard |
Nel maggio del 2011, Nura Mohammad lascia il Bangladesh con suo figlio in cerca di stabilità e speranza. Dietro di lui il resto della famiglia, davanti Fahim, 8 anni e un talento per gli scacchi. Padre premuroso e protettivo, Nura omette al figlio le violenze che agitano il loro paese e giustifica la loro partenza con la promessa di fargli incontrare in occidente un grande maestro di scacchi. Ma arrivati in Francia le cose non sono così semplici. A semplificare la partita e l'amministrazione francese ci pensa il vecchio Sylvain Charpentier, campione di scacchi di grande mole e saggezza. Accolto nella sua aula, Fahim imparerà rapidamente le regole del gioco e della vita.
Sette anni fa, la storia di Fahim Mohammad fece grande scalpore. Nel 2012, un ragazzino di dodici anni senza permesso di soggiorno divenne campione di Francia di scacchi under diciotto. Interrogato sulla precarietà amministrativa del giovane campione di origine bengalese, François Fillon, Primo ministro dell'epoca, conciliò il senso proprio e lo spirito della regola, accelerando la sua regolarizzazione e quella della sua famiglia. Ciò che prende forma sullo schermo dalla vita reale prima e della letteratura poi ha nel suo DNA narrativo e drammaturgico un copione già scritto, dovuto a una serie di dinamiche che per quanto straordinarie e avvincenti possano seguire traiettorie che la Settima Arte e non solo ci ha abituato. Ciononostante lo script riesce a trovare il modo di conquistare e portare a sé il pubblico lungo un cammino a ostacoli che regala emozioni e lampi di lirismo che scaldano il cuore, inumidiscono le guance e strappano sorrisi. Merito di una scrittura che fa della leggerezza il suo motore portante quel tanto che basta a non scivolare nelle sabbie mobili della retorica. Qualche punta di morale si palesa nel corso della timeline, ma non quella urticante che siamo soliti rintracciare in opere analoghe. Del resto, il canovaccio dello sfavorito e l’outsider di turno che in maniera inattesa, contro tutto e tutti, si trova a lottare per la vittoria è da sempre un must, una one line alla quale affidarsi per andare a colpo sicuro e con la quale il pubblico entra facilmente in empatia. Così come ricorrente è la messa in scena dello scontro/incontro tra il maestro burbero e severo e l’allievo dal tal talento innato da fare sbocciare, qui interpretati dagli affiatatissimi Gérard Depardieu e Assad Ahmed.
Fotografia: RÉGIS BLONDEAUTrama
Critica
Toccato dalla sua storia, Pierre-François Martin Laval cambia registro e firma un feel good movie su un soggetto politico, offrendo una riflessione sulla condizione disperata dei migranti, sul coraggio e l'abnegazione di cui danno prova tra esilio e adattamento al paese di accoglienza. Ma Qualcosa di meraviglioso è anche un film sulle virtù pedagogiche e universali del gioco degli scacchi, sul cameratismo rispettoso e lo spirito, di gruppo e di competizione, di una squadra di ragazzini.
Malgrado la mancanza di messa in prospettiva e l'arrotondamento degli 'spigoli', le implicazioni politiche cedono il passo alla lezione di speranza, il film non spinge mai sul pathos e sul miserabilismo. Il regista preferisce concentrarsi sull'aspetto umanistico di questa odissea con una dose misurata di buoni sentimenti e di leggerezza, Miracolosamente in equilibrio tra dramma e commedia, il risultato è un film delicato sulla difficoltà di sognare un domani migliore per sé e i propri cari. La sua forza sta nella trascrizione di una storia vera di cui osserviamo tutta la durezza: l'esilio, la complessità del sistema burocratico francese, la barriera della lingua, la separazione familiare.
Se il registro è drammatico, la sceneggiatura resta ottimista e dimostra fino a che punto possiamo provocare il destino. Un destino che qualche volta si gioca su una scacchiera. La constatazione è amara ma compensata nel film dalle relazioni umane al centro del racconto. La messa in scena accentua l'aspetto 'favolisitico' della vicenda ma è proprio il côté favola a toccare da vicino lo spettatore, a vincerne la diffidenza, a ricordargli che al di là della sua sicura vita occidentale, ci sono persone che rischiano ogni giorno la propria battendosi e rimanendo fiduciosi nel prossimo.
L'emozione che suscita il film non fa dimenticare la questione a cui si aggrappa: come leggere le leggi che regolano l'esilio e il diritto d'asilo? Dovremmo davvero interpretarle alla lettera ed espellere un bambino e suo padre? Il club degli scacchi di Sylvain Charpentier, Xavier Parmentier nella vita vera, diventa per Fahim un vero e proprio rifugio e il cuore autentico del film contro l'autenticità di facciata dell'esordio. Il 'suo meglio' si rintraccia nelle sequenze in Francia con Gérard Depardieu, maître di scacchi di finezza assoluta, 'giocato' su una corda tesa. Come se l'attore traesse una forza nuova dal confronto col giovane Assad Ahmed, che interpreta Fahim con un mélange di candore e naturalezza. Insegnante di scacchi che ha mancato il suo appuntamento con la gloria, il personaggio gli sta come un guanto perché il percorso di Depardieu esprime da sempre l'impossibilità di essere una star che fa sognare.
A immagine di Sylvain Charpentier, l'attore non smette di battersi con se stesso, coi suoi incubi, le sue tragedie e con tutto quello che gli è insopportabile. Tra i meriti di Pierre-François Martin Laval c'è quello di averlo scelto, di aver arruolato il corpo bulimico di un esploratore che sa che il mondo è finito ma può essere ancora vissuto. Un surplus di corpo che ha un supplemento d'anima. È lui il 'pezzo pesante' di una scacchiera che trema sotto i suoi colpi. Colpi di pugno che volgono in colpi di cuore. E il 'metodo Depardieu' vale da solo una stella.
Marzia Gandolfi, Mymovies.it, 11 novembre 2019
Il tutto genera una certa prevedibilità nella lettura degli eventi e nel disegno dei personaggi. Si tratta di effetti collaterali che si innescano di default e che sono parte integrante di storie come queste. Se gestiti in maniera intelligente come nel caso del film dell’attore e regista francese, però, il feel good movie che ne deriva può trovare i suoi motivi d’interesse, intrattenimento, coinvolgimento emotivo e anche spunti di riflessione sui quali soffermarsi. In Qualcosa di meraviglioso la classica parabola sportiva stringe un legame stretto con quella sociale, così come era stato sotto altre traiettorie narrative per The Idol o The Millionaire. Così facendo ci si trova a confrontarsi con un mix efficace che chiama in causa le virtù pedagogiche del gioco degli scacchi e una serie di temi di strettissima attualità che toccano la condizione disperata dei migranti, il coraggio e l’abnegazione di cui danno prova tra esilio e adattamento al paese di accoglienza.
Francesco Del Grosso, Cinematographe.it, 26 Novembre 2019Altre informazioni
Montaggio: REYNALD BERTRAND
Trucco: KAATJE VAN DAMME
Acconciature: KARINE MEYER
Costumi: BRIGITTE CALVET
Scenografia: FRANCK SCHWARZ
Casting: MOHAMED BELHAMAR
Suono: MARTIN BOISSAU
Musiche originali: PASCAL LENGAGNE
Aiuto regia: LAURE PREVOST
credits: