GIOVEDì 28 giugno Ore 21.30 Chiostri di S.Corona |
Regia
Ferzan Özpetek
Genere
DRAMMATICO
Durata
113'
Anno
2017
Produzione
TILDE CORSI, GIANNI ROMOLI PER R&C PRODUZIONI CON WARNER BROS. ENTERTAINMENT ITALIA, FAROS FILM
Cast
Giovanna Mezzogiorno (Adriana), Alessandro Borghi (Andrea), Anna Bonaiuto (Adele), Peppe Barra (Pasquale), Biagio Forestieri (Antonio), Luisa Ranieri (Catena), Maria Pia Calzone (Rosaria), Carmine Recano (Domenico), Angela Pagano (Custode), Maria Luisa Santella (Donna Assunta), Loredana Cannata (Liliana), Lina Sastri (Ludovica), Isabella Ferrari (Valeria), Antonio Grosso (Michele), Antonio Braucci |
Una sera ad una festa Adriana incrocia gli sguardi seducenti e provocatori di Andrea, un giovane attraente e sicuro di sé. Lei non riesce a sottrarsi a quella schermaglia sensuale e i due trascorrono così la notte insieme. Ma non sembra chiudersi tutto lì, si danno, infatti, appuntamento per il giorno dopo. In lei cresce rapidamente un sentimento più forte, forse l'inizio di un grande amore che potrebbe cambiarle la vita. La svolta arriva, ma diversamente da come si aspettava. La situazione precipita quando rimane coinvolta in un delitto che la trascina al centro di un'indagine dai contorni inquietanti. Uno scossone capace di minare ogni sua certezza. Involontariamente, senza possibilità di scampo, s'infila in un percorso dentro la più segreta zona d'ombra della propria personalità. In una Napoli sospesa tra magia e sensualità, ragione e follia, un mistero avvolge l'esistenza di Adriana, travolta da un amore improvviso e un delitto violento.
Ferzan Özpetek è regista in grado di ammaliare il pubblico (si può permettere di firmare il poster con il solo cognome) ma è quasi sempre stroncato dalla critica che ad ogni film, quando va bene, esordisce con “è il suo progetto più ambizioso, ma purtroppo..”. Questo film non fa eccezione. Eppure, Napoli velata è più riuscito delle sue ultime deludenti opere. Sarà lo sguardo particolarmente avvolgente del regista, che filma una città a lui congeniale fatta di estremi folcloristici di grande fotogenia, sarà una ritrovata Giovanna Mezzogiorno, che sembra un pesce fuor d’acqua proprio come il personaggio che è chiamata a incarnare, oppure è proprio l’atmosfera che il film riesce a evocare, un impasto non privo di fascino di esoterismo, ineluttabilità e apparenza ingannevole. Sta di fatto che, nonostante una sceneggiatura che fa di tutto per inguaiarsi senza trovare un approdo felicemente fluido, l’insieme riesce a farsi seduttivo. È una seduzione di pura superficie che nasce da quel movimento di macchina di apertura che cita Alfred Hitchcock per poi passare a Dario Argento (a proposito, perché quel flashback a inizio film che rende subito lo spettatore più consapevole della protagonista?) e che finisce per soggiacere al vedo non vedo imposto dal regista. Napoli, la milionaria, Napoli del carosello e dell’oro, è lei che strega col suo mistero, con la sua anima eterna, che accoglie mille culture, dalle ricche ville del Vomero alle vele di Scampia. La criminalità si fonde con l’arte, e gli splendidi panorami emozionano visitatori di una notte o più. Gomorra ci ha presentato la Napoli mafiosa, Ammore e malavita ci ha fatto ballare a suon di proiettili e intrighi, e La tenerezza di Gianni Amelio ci ha portato per i suoi vicoli tumultuosi, dove i sogni si infrangono. I padri si rivoltano contro i figli, le famiglie implodono e poi si ricostruiscono: tante sono le facce di Napoli, che questa volta si presenta velata per la regia di Ferzan Ozpetek. In Napoli Velata perdita e incontro coincidono in uno spazio che si fa sempre più fantasmatico e labirintico, dentro una geografia sotterranea (metropolitana, laboratori, gallerie, botteghe), instabile e cadaverica, che dialoga con una geografia superficiale, barocca, scenica, vitale. Lungo il confine che invita all'infrazione, Ozpetek introduce un rito pagano ("La figliata dei femminielli"), una performance antropologica che partorisce un bimbo priapesco e concepisce la passione di Adriana e Andrea.
Soggetto: Gianni Romoli, Valia Santella, Ferzan ÖzpetekTrama
Critica
È infatti il “velo” il vero protagonista del film. Apre il sipario sui personaggi intenti ad assistere alla “Figliata”, rito arcaico in cui le doglie del parto sono simulate da un “femminiello” sdraiato su un letto. Protegge la protagonista da una verità difficile da accettare e dal giudizio del mondo. Si stende su una città in cui riti ancestrali e modernità convivono non senza attriti e in cui tutto può accadere mentre sembra che nulla accada. Si posa sul celeberrimo Cristo di Giuseppe Sanmartino di cui esalta le forme pur coprendole. Ma è anche il filtro attraverso cui la vicenda si dipana per lo spettatore, sempre sul punto di comprendere e sempre sviato. Il film prende quindi la forma di una riflessione sullo sguardo e sulla complessità della percezione. La verità è sempre sotto gli occhi (la cui simbologia invade il film) ma bisogna decidere di vederla e anche quando si pensa di averla afferrata può essere solo un’illusione, vedi la bella sequenza conclusiva che nell’assenza mette, forse, tutto nuovamente in discussione. Il finale concretizza quindi il mantra che abbraccia tutto il film sull’importanza del sentire rispetto al vedere. Purtroppo le felici intuizioni sono più momenti singoli che tasselli di una visione davvero organica. Il problema non è infatti tanto nei molti generi che si intrecciano tra loro, ognuno con i suoi codici e la sua fame di risposte, quanto nella mancanza di raffinatezza che spesso le parole hanno rispetto alle immagini. Se l’allusione di certi passaggi colpisce in positivo (come la soluzione del giallo, a cui si può decidere di credere o meno, in base allo spessore del proprio “velo”), dialoghi improbabili, svolte forzate, simbolismi fin troppo insistiti e disequilibri di scrittura finiscono per disperdere l’alto potenziale messo in scena. Ed è un peccato, perché induce a porre l’accento più sui difetti che sugli aspetti positivi.
Luca Baroncini, Spietati.it, 6 gennaio 2018
Una donna ritrova se stessa al chiaro di luna. Si chiama Adriana, nella vita assiste i morti, è un medico legale, fa autopsie e disseziona corpi. Un incontro fortuito accende il desiderio e porta la luce nel suo gelido obitorio. Ma il fato deve ancora giocare le sue carte, in una città di passioni represse e omicidi chiusi nel loro mistero. Il suo amante Andrea viene ritrovato in un cassonetto, brutalmente torturato. I brividi assumono una connotazione ambigua, il thriller gioca con i colori, in un’atmosfera onirica, lisergica, che pulsa di segreti.
Il regista ritrova Giovanna Mezzogiorno dopo La finestra di fronte e abbandona il ritorno alle origini di Rosso Istanbul. Il passato è alle spalle, ora bisogna guardare al futuro, come in tutti film di Ozpetek. Le sue fate ignoranti vivono ancora, bruciano di passione, sempre sospese tra amicizia ed erotismo. La Mezzogiorno si concede una delle sequenze più hot della sua carriera, rimanendo avvinghiata almeno per dieci minuti al madrino di Venezia Alessandro Borghi. Astenersi anime candide.
Napoli velata è un cinema di corpi, che si stringono di notte e si perdono al mattino. Il sentimento divora i due innamorati, e li trasporta in un mondo surreale, dove la realtà si mescola al misticismo. Le ambizioni sono tante, forse troppe, come anche i riferimenti ai maestri del passato. Le scelte di regia sono spesso azzardate, e la macchina da presa indugia fin troppo sulle “effusioni” amorose. Il melodramma incontra il thriller, regalando un po’ di inquietudine. Ma nella seconda parte il rischio è che il film diventi ridondante, senza aggiungere nulla alla vibrante prima ora.
Le sottotrame si intersecano con la religione, i culti priapeschi e l’omosessualità, in una vicenda che si tinge di soprannaturale. Fantasmi, visioni e stramberie sono all’ordine del giorno, in un’operazione non al passo coi tempi. Personal Shopper di Olivier Assayas rimane un punto di riferimento forse involontario, nei crepuscoli in cui strane presenze si aggirano vicino al focolare. Di “velato” rimane poco, la voglia di mostrare scopre anche ciò che dovrebbe rimanere nascosto. Ma la vera protagonista è la città, con tutte le sue contraddizioni che la rendono unica.
Gian Luca Pisacane, Cinematografo.it, 22 dicembre 2017
Andrea inietta nella vita di Adriana il fuoco divorante di un sentimento che resta allo 'stato nascente' ma avvia l'odissea (sessuale) del personaggio. Sarà l'inchiesta a rivelare poi la natura segreta dell'eroina, i suoi segreti e la sua sessualità risvegliata. Inscritto nel quadro di un'indagine poliziesca, ma il film non è mai realmente interessato al suo intrigo, Napoli Velata coglie e rende visibili i flussi emotivi della sua protagonista e le correnti passionali che legano i personaggi agli amanti. Al ruolo virile e fragile di Alessandro Borghi replica il corpo assediato di Giovanna Mezzogiorno, daccapo musa di Ozpetek e daccapo soggetto scopico desiderante e immaginifico.
Ma a questo giro di vite alla sua protagonista non basta guardare al di là della strada per compensare con l'immaginazione la vita in cui permane. Sensuale e sensibile, la messa in scena riflette i vacillamenti percettibili della protagonista e tutta l'urgenza dell'attrazione carnale. Un tumulto che Adriana non può evitare, figuriamoci dimenticare. Cupo come un mystery e debordante come un mélo, Napoli Velata è un film ambizioso che non nasconde i modelli alti (Hitchcock) e restituisce in maniera efficace l'incandescenza della passione. A volte l'autore cede al turgore della storia e non riesce a evitare la caduta nella ridondanza e nell'eccesso ma gli viene in soccorso l'interpretazione di Giovanna Mezzogiorno, unica possibile valvola di sfogo in cui lascia passare il dolore e la perdita, l'infiammazione e lo scacco. Il proprio non poter essere, malinconicamente, che una figura dello scacco. In un film fatto di primi piani intensissimi e sguardi folgoranti, è giusto che la storia rimanga aperta e che sia un ultimo movimento 'a seguire' a chiedere allo spettatore di produrre senso.
Marzia Gandolfi, Mymovies.it, 19 dicembre 2017Altre informazioni
Sceneggiatura: Gianni Romoli, Valia Santella, Ferzan Özpetek
Fotografia: Gian Filippo Corticelli
Musiche: Pasquale Catalano - Il brano "Vasame" (di Enzo Gragnaniello) è cantato da Arisa.
Montaggio: Leonardo Alberto Moschetta
Scenografia: Ivana Gargiulo, Deniz Göktürk Kobanbay – (supervisione)
Costumi: Alessandro Lai Suono: Fabio Conca - (fonico presa diretta), Giuseppe D'Amato - (soud designer)
credits: