MARTEDì 25 e MERCOLEDì 26 febbraio 2020 ore 15.30 - 18 - 20.30 (Sala ODEON) GIOVEDì 27 febbraio ore 15 - 17.30 - 20 - 22.15 (Sala ODEON) |
Regia
Greta Gerwig
Genere
DRAMMATICO, ROMANTICO
Durata
135'
Anno
2019
Produzione
AMY PASCAL, DENISE DI NOVI, ROBIN SWICORD PER COLUMBIA PICTURES
Cast
Saoirse Ronan (Jo March), Emma Watson (Meg March), Florence Pugh (Amy March), Eliza Scanlen (Beth March), Timothée Chalamet (Theodore 'Laurie' Laurence), Meryl Streep (Zia March), Laura Dern (Marmee March), James Norton (John Brooke), Bob Odenkirk (Sig. March), Louis Garrel (Friedrich Bhaer) |
Le quattro sorelle March, Meg, Jo, Beth e Amy, hanno il loro padre, un semplice cappellano, che è partito per il fronte durante la Guerra di secessione americana, lasciando a casa le figlie e la moglie. Le ragazze, con i loro pregi e i loro difetti, pur essendo povere, imparano a crescere e diventare ragazze responsabili, pronte a difendersi da qualsiasi vicissitudine, e sopratutto ognuna di loro è determinata a inseguire i propri sogni...
La vita è troppo breve per rimanere arrabbiati a lungo, soprattutto con la propria sorella, dice Jo (Saoirse Ronan) ad Amy (Florence Pugh) la mattina dopo aver scoperto che Amy ha bruciato il suo manoscritto incompleto. La Gerwig dà una propria versione di "Piccole Donne", con un taglio preciso, che mette in luce gli ostacoli sulla strada dell'autonomia femminile, la natura contrattuale del matrimonio, in particolare per la donna, e in generale le conseguenze sociali e individuali della sua mancata indipendenza economica ("married or dead", insinua zia March, che non avrà sempre ragione ma non ha mai torto).
Soggetto: Louisa May Alcott – (romanzo)Trama
Critica
Queste parole, farfugliate tra le lacrime, sono il segreto, il cuore pulsante di Piccole donne di Louisa May Alcott e del film di Greta Gerwig. La sorellanza. Un termine che non esisteva a quei tempi, metà Ottocento, e ha fatto la sua comparsa alla fine del Novecento, che la Alcott però aveva intuito, individuato come muro portante della sua vita e dei suoi romanzi. Quelli che l’avrebbero resa celebre.
Miss Alcott, che nell’immaginario di migliaia di persone, era una signora che beveva il tè e forse rammendava i propri vestiti, era invece fatta di tutt’altra pasta.
Femminista e antischiavista, seconda di quattro sorelle, figlia di un insegnante e di un’attivista e assistente sociale, cresciuta e impregnata dell’ambiente in cui viveva: il padre un trascendentale kantiano e i gli amici intellettuali, filosofi e scrittori, tra cui Henry David Thoreau e Nathaniel Hawthorne. Nessuna meraviglia quindi che Louisa avesse molte ambizioni, tra cui la letteratura.
Senza dimenticare l’indipendenza e la libertà individuale: Jo lo ripete più volte quando scopre che la maggiore Meg ha intenzione di sposarsi, di rompere quel cerchio dorato in cui le persone estranee (fatta eccezione per Laurie) non possono entrare. Perché ognuna di loro ha un dono da sviluppare: Meg (Emma Watson) vorrebbe recitare e Jo le promette che, se non le lascia, la aiuterà a realizzare i suoi sogni.
È l’unica delle March a contribuire con piccole somme al ménage familare, scrivendo racconti sotto pseudonimo, come faceva la stessa Alcott. Beth (Eliza Scanlen) suona il piano e Amy dipinge. Per una donna non basta il talento, dirà Amy con malinconia rancorosa a Laurie, bisogna possedere il genio per avere successo. Oppure sposare un uomo ricco.
Il film della Gerwig, oltre a essere uno dei migliori adattamenti cinematografici di un romanzo epocale, che ha formato, incantato milioni di bambine e ragazze, ha anche trovato una sua via per far risplendere la Alcott.
Figura misteriosa, che da sempre abbiamo identificato con quella di Jo, la più ribelle, impetuosa, l’intellettuale, indomabile fino a un certo punto. Se infatti nella vita reale Louisa non si sposerà mai, l’alter ego troverà un compagno, il professore Bhaer (Louis Garrel). Non è proprio l’happy ending sperato segretamente da chi faceva il tifo per Jo, ma è la variazione del tema suggerita dall’editore nel film della Gerwig.
È andata davvero così? Pensiamo di sì, anche perché Jo scenderà a compromessi e lieto fine sarà, ma non cederà i diritti del suo libro. Piccoli dettagli (senza parlare dei costumi, bellissimi e le acconciature moderne….) rendono speciale questo Piccole donne, che non tradisce il testo originale e ha tanti assi nella manica, a incominciare da Saoirse Ronan, magnifica, totalizzante. Possiamo fantasticare che se la Alcott l’avesse conosciuta avrebbe pensato proprio a lei per la sua Jo.
Il cast è talmente ben assortito che bisogna riconoscere alla Gerwig molto di più che aver osato tradurre in immagini un libro quasi intoccabile ma di aver persino reso datato il primo adattamento di George Cukor, del 1933, con Katharine Hepburn.
La Jo della Gerwig è meno irruente, però forte e decisa, anche se piange quando taglia i lunghi capelli per dare i soldi alla madre. Qui è Amy ad accarezzarla e a confortarla, la più piccola, la più carina, la più gelosa: sempre seconda alla sua Jo. E Laurie, la controparte di Jo, il bambino rinchiuso nella grande villa, debole di salute, qui è vivace, deliziosamente sensuale e follemente innamorato. Se in Chiamami col tuo nome era bravissimo, in Piccole donne Timothée Chalamet è semplicemente perfetto.
Lo sono tutti: Laura Dern, madre di queste fantastiche creature, che si abbracciano in continuazione, che si tengono su reciprocamente, che si privano della colazione per i vicini poverissimi, che vivono con le poche cose a disposizione ben felici di essere una famiglia unita. E ancora, chi meglio di Meryl Streep, zia facoltosa, perfida e tirchissima, che all’ultimo momento sceglie Amy come dama di compagnia per visitare l’Europa, perché Jo è una causa persa? O Beth che suona come un angelo e come tale se ne andrà.
Sorprendente il montaggio (altro talento: Nick Houy, lo stesso di Lady Bird ma anche della serie The Night Of…) dell’adolescenza e la maturità, i viaggi nel tempo, i flashback meravigliosamente assortiti con la bella colonna sonora di Alexandre Desplat. Una regia superba.
Marina Sanna, Cinematografo.it, 19 Dicembre 2019
È una visione legittima, chiara e sempre attuale. Meno legittima e riuscita è invece la compressione degli episodi chiave del romanzo in scenette strizzate e prosciugate della loro emozione: dov'è la paura di Beth di solcare la porta di casa Lawrence, mista al desiderio che la consuma di mettere le dita su quel pianoforte solitario? Dov'è il senso di colpa di Amy per quel che ha fatto, in preda alla gelosia, al manoscritto di Jo? Anche la scena dell'incidente sul lago ghiacciato è sprecata (persino girata maluccio), per non parlare di Louis Garrel nei panni del professor Bhaer ... (a quel punto meglio il Mark Stanley della recente miniserie BBC).
Però le piccole donne di Greta Gerwig (eccetto Beth, inspiegabilmente sbiadita) hanno personalità e carisma. Hanno i colori e i bronci dei dipinti di Lilly Martin Spencer e Winslow Homer, il modo di incedere delle Damsels in distress di Whit Stillmann, sono ragazze-tornado che portano caos, sovvertono la tradizione, e alla lunga s'impongono, con i loro difetti, i loro tempi dubbi (perché quei ralenti nella prima parte? E tanta fretta, invece, dove si è sempre dato spazio al dramma?) e riescono persino a farci accettare l'improbabile Laurie di Timothée Chalamet e soprattutto la Amy di Florence Pugh, inaspettata ma sorprendente, capace di tenere testa alla protagonista (l'alter ego e musa della regista, Saoirse Ronan).
Sul finale, la Gerwig si sostituisce alla Alcott e riscrive nel suo stile l'epilogo, forse rendendo giustizia alla scrittrice, di certo riportando decisamente il discorso su se stessa, così che di questo Piccole Donne si potrà dire bene o male, che è una modernizzazione o una banalizzazione, una boccata d'aria fresca o un tradimento, ma sicuramente non si potrà non riconoscere che si tratta di una lettura personalizzata e non ricordare chi lo firma. E forse il punto, tra le righe e i fotogrammi, era anche e soprattutto questo.
Marianna Cappi, Mymovies.it, 20 dicembre 2019Altre informazioni
Sceneggiatura: Sarah Polley, Greta Gerwig
Fotografia: Yorick Le Saux
Musiche: Alexandre Desplat
Montaggio: Nick Houy
Scenografia: Jess Gonchor
Arredamento: Claire Kaufman
Costumi: Jacqueline Durran
Altri titoli: Les filles du Docteur March
Tratto da: romanzo omonimo di Louisa May Alcott
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