MARTEDì 22 ottobre 2019 ore 15.30 - 18 - 20.30 MERCOLEDì 23 ottobre ore 15 - 17.30 - 20 - 22.10 ore 21.00 (Sala Lampertico in V.O. con sottotitoli in italiano) GIOVEDì 24 ottobre ore 15 - 17.30 - 20 |
Regia
Jon Favreau
Genere
AVVENTURA, LIVE-ACTION
Durata
118'
Anno
2018
Produzione
JON FAVREAU, JEFFREY SILVER PER WALT DISNEY PICTURES. CO-PRODUTTORE: JOHN BARTNICKI
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Nella savana africana è nato un futuro re. Simba prova una grande ammirazione per suo padre, Re Mufasa, e prende sul serio il proprio destino reale. Ma non tutti nel regno celebrano l'arrivo del nuovo cucciolo. Scar, il fratello di Mufasa e precedente erede al trono, ha dei piani molto diversi e la drammatica battaglia per la Rupe dei Re si conclude con l'esilio di Simba. Con l'aiuto di una curiosa coppia di nuovi amici, Simba dovrà imparare a crescere e capire come riprendersi ciò che gli spetta di diritto.
Nell’universo Disney esistono due tipi di “realtà”: quella figlia dell’immaginario e quella che ci viene riproposta. Con i remake in salsa live action, tornano a vivere i classici di un tempo, che hanno accompagnato intere generazioni. Il successo è assicurato, i bambini di oggi non smettono di sognare e quelli di una volta si commuovono. L’effetto nostalgia fa la sua parte. Ma il cinema ci guadagna? Dal punto di vista popolare senz’altro. Il re leone non è un remake. A distanza di venticinque anni, il cartone del 1994 resta tra i classici Disney più amati da intere schiere di generazioni, che di quella linfa shakespeariana unita alla meraviglia di un compartimento emotivo e musicale hanno fatto tesoro, apprendendo che i grandi re del passato ci guardano da lassù, mentre i migliori animatori si aggirano nei corridoi di qualche ufficio americano riposto sulla Terra. Ma il gioco del non toccare i ricordi della nostra infanzia non fa più presa sul magnate Topolino, anzi, non ha mai portato ad altro se non a continue proposte di live-action e a film d’animazione revisionati per essere riproposti a quel pubblico che, in ogni caso, sarebbe tornato al cinema per il proprio classico preferito e a quella nuova leva di giovani spettatori che, alle volte, non hanno avuto neanche l’impareggiabile fortuna di vedere il prodotto originale. Lo si era intuito sin dal primo teaser trailer che il remake de Il re leone in CGI firmato da Jon Favreau avrebbe ricalcato con prepotenza l'originale del 1994 e lo conferma la visione del film completo: la trama de Il re leone è infatti quella che tutti già conosciamo, che prende le mosse dalla nascita del leoncino Simba, e la celebre sequenza de Il cerchio della vita, e ci conduce lungo il cammino di vita dell'erede al trono e la lotta per il comando, tra drammi e tradimenti, nuovi incontri e amore. Dettagli che non riveliamo a beneficio di quei pochi che non conoscono a memoria il film degli anni '90, limitandoci a sottolineare come tutto lo sviluppo del remake in CGI sia (troppo?) fedelmente ispirato al passato, con la semplice aggiunta di una canzone, tra l'altro poco incisiva, eseguita in originale da Beyoncé (in italiano da Elisa), e piccole variazioni che non cambiano l'economia delle singole scene così come del racconto nel suo complesso. Un calco che va ben oltre quanto fatto per progetti degli scorsi anni, da Il libro della giungla a La bella e la bestia.
Soggetto: Irene Mecchi - (sceneggiatura del 1994), Jonathan Roberts (sceneggiatura del 1994), Linda Woolverton - (sceneggiatura del 1994)Trama
Critica
Nel caso di The Lion King è la tecnica a fare enormi passi avanti. Anche il live action è superato, qui si parla di photo real. Le immagini vere si mescolano a quelle ricreate al computer, e l’effetto è sorprendente. Continua il percorso iniziato con Il libro della giungla, sempre con John Favreau dietro la macchina da presa. Rispetto a quel primo esperimento, qui si insegue una rappresentazione quasi mimetica del reale, e il lavoro sui paesaggi e sulla profondità di campo è affascinante.
Ma potremmo dire con un gioco di parole che: “la parte del leone la fa il Lion King”. I felini non vengono “umanizzati”, e nelle movenze sono eccezionalmente simili ai veri abitanti della savana. Questo porta a una narrazione più realistica (però forse più fredda). E ricorda Il libro della giungla, dove l’orango Luigi sembrava il colonnello Kurtz di Apocalypse Now, e Shere Khan diventava molto più autorevole e inquietante. Divertente l’idea di cambiare il sesso al serpente Kaa, in una sequenza al limite dell’horror.
Si osserva (a volte come in un documentario), ci si immerge, e visivamente è una delle migliori sperimentazioni ad alto budget che si siano viste negli ultimi anni.
The Lion King non si discosta molto dall’originale. Vengono aggiunti trenta minuti per dare più spessore ai personaggi, si segue la linea del politicamente corretto (Pumba combatte contro il “bullismo”, Nala assume un ruolo ancora più centrale, il capo delle iene è donna…). Si gioca con ironia sulla versione del 1994 (quando Pumba racconta la sua gioventù, chiede a Timon perché non lo censuri…), e la Disney addirittura si autocita riferendosi a La bella e la bestia (si sentono gli echi del candelabro Lumière e della sua squadra…).
Disney dentro Disney, cartone animato dentro a real action. Si potrebbe quasi parlare di “metaDisney” invece che di metacinema. The Lion King è Il Re Leone, un quarto di secolo dopo. Viene mantenuta l’anima pedagogica, si respirano atmosfere shakespeariane, ci si interroga sul “grande cerchio della vita”, sulla difficoltà di crescere, sulla ricerca della propria identità. La Rupe dei Re resta un simbolo di integrità morale, usurpata da un malvagio zio e dal suo esercito di tirapiedi. La poesia rimane intatta, e si aggiorna.
Ma nella storia cambia poco o nulla, in un film rispettoso del cult a cui si avvicina. Forse ci sarebbe voluto un po’ più di coraggio (l’unico che ha provato a riscrivere la vicenda è stato Tim Burton con Dumbo, demolito dalla critica d’oltreoceano). Il ruggito del leone qui lo fa la tecnologia, in un luogo dove il futuro incontra il presente.
Gian Luca Pisacane, Cinematografo.it, 15 Luglio 2019
Il re leone non è un remake. Non è un remake e né un live-action. E, di certo, non è nemmeno più così classico. Presa in mano la direzione del film dall’attore, produttore, sceneggiatore e regista Jon Favreau, la versione che nel 2019 ci propone la Disney è la più sorprendente visione che l’industria poteva offrire dei luoghi africani e di quell’universo naturalistico e animale che gli anni Novanta avevano presentato con tratto animato. Il nuovo Il re leone è la ripresa shot by shot del racconto di Simba e delle terre del branco, la tecnica del photo real abbinata all’assoluta ripresa di una storia che non muta nessuno di quei risvolti ben conosciuti e che avevano reso consistente e ammaliante un capolavoro dell’animazione come quello diretto da Roger Allers e Rob Minkoff.
E se la copia carbone del cartone rende vacua la scelta di riprendere pedissequamente la narrazione scritta a suo tempo dal trio Irene Mecchi, Jonathan Roberts e Linda Woolverton – rimaneggiata per l’occasione dallo sceneggiatore Jeff Nathanson e allungata nonostante tutto di circa una mezz’ora in più di tempo -, la sua resa cinematografica vale da sola l’esperienza in sala. Pur in quella presunta freddezza dei personaggi, quelle espressività che era giacché improbabile poter riflettere con ingombranti sottolineature – discorso che può non sussistere se si guarda all’effetto straniante di animali verosimili che parlano tra loro -, la qualità raggiunta dallo studio colpisce per le vette toccate e, a ben dire, superate, in un lavoro di composizione digitale che lascia esterrefatti per la propria manifattura.
L’impatto visuale de Il re leone è l’impressionante quanto sconvolgente maestria di un cinema che non arresta mai se stesso, che allontana ancora una volta l’asticella di ciò che è impossibile realizzare e che ne concretizza tutto il suo potenziale nel film di Jon Favreau. Un’opera che rimanda a un mondo fuori, che viene ricostruito completamente in interno, con un realismo che porta a interrogarci sui futuri immaginabili dell’arte cinematografica e del suo artigianale approccio alle tecnologie del millennio. Come in quell’inesorabile, continuo cerchio della vita, così i film si arrestano e si rigenerano per reinventare ogni volta la propria forma, in un’evoluzione che porta al superamento dei propri stessi successi e dona al pubblico situazioni d’immersione totalmente nuove.
Non potendo, dunque, prescindere dalla lode obbligatoria che Il re leone di Favreau merita per il suo operato, il film vive di quel doppio statuto che lo vede, da una parte, come prodotto innovativo senza pari e dall’altra esercizio di ripetizione al limite della futilità, forse meno empatico di quanto avrebbe potuto – e dovuto – essere. Per far scintillare, però, la versione odierna del film, bastano le commoventi note della colonna sonora composta già nel ‘94 da Hans Zimmer, puro incantesimo per accendere la magia e farci alzare ancora una volta lo sguardo verso quel cielo fatto di re e di stelle.
Con gli ottimi arrangiamenti sonori delle famosissime canzoni scritte da Tim Rice e Elton John, con l’aggiunta di due singoli che arricchiscono la resa finale del film di Jon Favreau, Il re leone è un passo verso un domani che non può lasciare indifferenti, per un cinema in cui ormai tutto è possibile e che aspettiamo di vedere dove ci porterà più avanti.
Martina Barone, Cinematographe.it, 13 Luglio 2019
Una continuità col passato che si riscontra anche tra i personaggi de Il re leone, tutti riproposti in versioni equivalenti a quelle già note. Il piccolo erede al trono Simba, il saggio ed equilibrato padre Mufasa, il subdolo zio Scar, la compagna Nala e gli impagabili Timon e Pumba: ritroviamo tutti con lo stesso ruolo e in situazioni non dissimili rispetto al film precedente. La differenza sostanziale è sulle voci, che in un film d'animazione fanno la differenza: per Simba adulto e Nala sono stati scelti Donald Glover e Beyoncé (Marco Mengoni ed Elisa nel doppiaggio italiano), mentre Timon e Pumba hanno le voci di Billy Eichner e Seth Rogen (Edoardo Leo e Stefano Fresi nella versione nostrana), così come Chiwetel Ejifor ha preso il posto di Jeremy Irons nel tratteggiare l'affascinante Scar (per noi è Massimo Propolizio). Il character design risente, inoltre, di un ulteriore appiattimento che è conseguenza diretta del passaggio dal disegno a mano alla grafica al computer. Ed è, per noi, il principale problema del film.
Si resta a bocca aperta al cospetto delle immagini del remake de Il Re Leone, per un iperrealismo che rasenta la perfezione nella resa dei fondali così come le figure dei protagonisti, tanto che si stenta a credere che nulla di quel che si vede è ripreso dal vivo (il regista Jon Favreau ha rivelato che solo un'inquadratura del film è reale) e si prova spesso la sensazione di guardare un documentario naturalistico piuttosto che un film d'animazione. Una resa visiva che penalizza soprattutto i personaggi, che senza la caratterizzazione grafica e le sfumature donate loro dal disegno a mano e l'abilità degli animatori, perdono di tridimensionalità e ricchezza di tratti e dettagli. A parità di storia e scene, la nuova versione de Il re leone risulta quindi più imponente, ma anche più fredda e piatta.
Non si può dire che il risultato sia brutto, ma nemmeno ci sentiamo di cantarne le lodi, perché la sensazione generale che ci ha lasciato è di inutilità: non dubitiamo infatti che l'operazione abbia perfettamente senso per la Disney, sia a giudicare dai poderosi incassi sia in quanto test tecnico (questo ci è sembrato il progetto nel suo complesso, una imponente demo, affidata non a caso a Favreau, per testare i limiti di una tecnologia che vedrà sempre più applicazioni in futuro), ma non fa altro che richiamare echi di emozioni già presenti nei nostri cuori, senza aggiungere nulla di nuovo.
Antonio Cuomo, Movieplayer.it, 21 agosto 2019Altre informazioni
Sceneggiatura: Jeff Nathanson
Fotografia: Caleb Deschanel
Musiche: Hans Zimmer
Montaggio: Mark Livolsi, Adam Gerstel
Scenografia: James Chinlund Effetti: Robert Legato, Adam Valdez
credits: