MARTEDì 4 e MERCOLEDì 5 dicembre ore 15.30 - 18 - 20.30 GIOVEDì 6 dicembre ore 15.15 - 17.30 - 20 - 22 |
Regia
Franck Dubosc
Genere
COMMEDIA
Durata
107'
Anno
2018
Produzione
SIDONIE DUMAS PER GAUMONT, LA BOÉTIE FILMS, POUR TOI PUBLIC PRODUCTIONS, TF1 FILMS PRODUCTION
Cast
Franck Dubosc (Jocelyn), Alexandra Lamy (Florence), Elsa Zylberstein (Marie), Gérard Darmon (Max), Caroline Anglade (Julie), Laurent Bateau (Lucien), Claude Brasseur (Padre di Jocelyn), François-Xavier Demaison (Prete di Lourdes) |
Egoista e misogino, Jocelyn, un uomo d'affari di successo, cade sotto l'incantesimo di una vicina di sua madre, Julie. Come risultato di un fraintendimento, è costretto a usare una sedia a rotelle e ad atteggiarsi a una persona disabile per sedurla. L'equivoco, che inizialmente sembra essere solo un gioco divertente, diventa complicato quando Julie gli presenta sua sorella Florence che, costretta su una sedia a rotelle a seguito di un incidente stradale, non ha perso la voglia di vivere a pieno e sembra abbattere qualsiasi barriera col suo irresistibile sorriso. È allora che, in bilico sull'esile filo di una insostenibile bugia, Jocelyn inventa una doppia vita...
In Tutti in piedi Franck Dubosc interpreta un quarantanovenne che fa finta di piacersi molto ma si piace molto poco, tanto che si spaccia sempre per qualcun altro pur di portarsi a letto quante più donne possibile. Franck Dubosc mette tutto se stesso al servizio di una commedia romantica di rara eleganza e di sorprendente equilibrio, in cui tutte le componenti lavorano al servizio di personaggi ottimamente scritti e caratterizzati e di una storia semplice quanto coinvolgente, fortificata da dialoghi pungenti e mai banali. In un cinema contemporaneo che, per catturare l’attenzione dello spettatore, troppo spesso ricorre a un’artificiosa e patinata messa in scena, perdendo per strada il cuore del racconto e dei suoi protagonisti, Tutti in piedi si rivela una vera e propria boccata d’aria fresca cinematografica, godibile dal primo all’ultimo minuto e senza cadute di stile e di ritmo che ne inficino il risultato finale. Una donna paraplegica è (rischiosamente) al centro del dispositivo comico e del cuore del protagonista, consumato tombeur che adesso ha occhi solo per lei, unico e irripetibile oggetto del suo desiderio. Franck Dubosc, di nuovo mitomane e draguer, presta il fianco a un'alleata di peso dentro una commedia in cui circola qualcosa di frizzante e dolcemente balordo. Protagonista inavvertito del suo film, Dubosc ha cura di offrire ad Alexandra Lamy, saldamente in campo, una 'partitura' luminosa. Il suo personaggio avveduto e carismatico compensa a meraviglia la codardia trita del compagno di viaggio.
Sceneggiatura: Franck Dubosc – (originale)Trama
Critica
Borioso ed egocentrico, Jocelyn è dirigente di un’azienda di scarpe sportive (“quelle di Uma Thurman in Kill Bill!”) e si prepara a correre la maratona di New York.
Quando la bella e giovane vicina di casa della madre appena morta pensa che sia un disabile motorio, Jocelyn è felice di cavalcare l’equivoco e assecondare la propria inclinazione alla menzogna per conquistarla facendo leva sulla compassione.
Ancora non sa che la ragazza (Caroline Anglade) ha una sorella maggiore, Florence (Alexandra Lamy), una donna bella, affascinante e piena di vita, costretta per davvero sulla sedia a rotelle. Come uscire dal vortice di menzogne adesso?
Da queste non originalissime premesse da commedia degli equivoci Franck Dubosc (oltre che protagonista, regista e sceneggiatore) riesce a ricavare una commedia romantica sensibile e divertente, che al suo centro ha dei personaggi ben scritti e credibili.
Se possiamo immaginare facilmente come andrà a finire il film, Dubosc arriva al traguardo evitando superficialità, con sentimento ed equilibrio. Alexandra Lamy interpreta con maestria ed energia un personaggio lucido e complesso a cui è affidata la credibilità dell’intera vicenda nonché del colpo di scena.
Tra sequenze visivamente accattivanti e romantiche (in primis quella della piscina) e personaggi secondari ben delineati, il film calibra rispetto e delusione delle aspettative.
Tutti in piedi ironizza sulla disabilità, ma lo fa con eleganza: quello di cui si ride è soprattutto la goffaggine di Jocelyn nel fingersi invalido, la goffaggine della sua bugia, mentre si ride con Florence della sua condizione, e se possiamo farlo è perché è innegabilmente il suo personaggio a trascinare il film, e perché, da spettatori, crediamo sinceramente che – come si suggerisce nel film stesso – la “disabilità” interiore del protagonista maschile sia invalidante quanto quella della sua controparte femminile.
Ma soprattutto, lungi dal voler azzerare ogni differenza sotto una coltre di buonismo, Tutti in piedi si gioca su una bugia che porta a galla la migliore verità del suo protagonista: Jocelyn è radioso quando mette in atto la sua menzogna ed è nella sua finzione (che fa rima con immedesimazione) che si concede di credere per davvero a un superamento delle differenze che, in nome dell’amore, saprà trascinare nella limpida verità.
Costanza Morabito, Cinematografo.it, 27 settembre 2018
Di seduttori che fingono di essere ciò che non sono per conquistare l’oggetto del loro desiderio è piena la storia del cinema e in particolare della commedia, ma Tutti in piedi ha il pregio di regalarci due personaggi veri e solo in apparenza stereotipati, che durante il corso del film subiscono un’evoluzione degna di questo nome, rimanendo però sempre fedeli a loro stessi, e perciò efficaci. Accade così che lo scapolo impenitente Jocelyn trovi proprio nell’ennesima recita messa in scena per portare a letto una donna un’occasione per scoprire le proprie fragilità e i propri sentimenti più nascosti, mentre Florence paradossalmente riacquisti da un rapporto basato sull’inganno la fiducia nell’amore, che le aveva procurato in passato non poche sofferenze.
Franck Dubosc e Alexandra Lamy interpretano magistralmente i rispettivi personaggi, rendendo abilmente tutte le sfumature di un rapporto in continua evoluzione, che diventa a poco a poco una sfida romantica all’insegna di chi è disposto a mettersi maggiormente in gioco. Non da meno Gérard Darmon, Elsa Zylberstein e Caroline Anglade, che nei panni rispettivamente dell’amico fraterno di Jocelyn, della sua segretaria segretamente innamorata di lui e della sensuale vicina contribuiscono a creare un quadro emotivo coinvolgente. Tutti in piedi sfrutta così il tema della disabilità per una comicità a tratti quasi slapstick, incentrata prevalentemente sulle difficoltà da parte di Jocelyn a calarsi in una realtà che non gli appartiene, ma anche e soprattutto come mezzo narrativo per costruire una riuscita metafora sulle nostre autoimposte limitazioni emotive, dalle conseguenze nocive quanto quelle fisiche.
Franck Dubosc dà il meglio anche dietro alla macchina da presa, dirigendo se stesso e gli altri con tempi comici ben calibrati, trovando il giusto equilibrio fra romanticismo e sensualità e fra dramma e commedia. Alcune sequenze di notevole impatto visivo ed emotivo (la cena in acqua e i momenti in cui Jocelyn e Florence rivelano i loro più intimi pensieri nella parte finale), esaltate dalla ricercata fotografia di Ludovic Colbeau-Justin e dalle coinvolgenti musiche, contribuiscono a dare profondità e introspezione al racconto, che si allontana progressivamente dalla commedia dell’inganno per raccontare qualcosa di più intimo e contemporaneo, ovvero la crescente difficoltà nel lasciarsi andare affettivamente e la necessità di indossare una maschera che ci aiuti a camuffare le nostre fragilità, anche quando queste sono invece il nostro maggior pregio.
Tutti in piedi si rivela quindi una commedia ben congegnata e ottimamente realizzata, a cui si perdona anche qualche forzatura nelle ultime battute, una certa prevedibilità di fondo e la mancata risoluzione di alcuni personaggi secondari. Un cinema semplice ma che arriva dritto al cuore, e che, pur senza apportare alcun elemento di novità al genere a livello tecnico o di contenuti, riesce nell’intento di far intrattenimento intelligente e garbato, dimostrandosi una visione adatta e consigliata a un pubblico di ogni età, latitudine e palato.
Marco Paiano, Cinematographe.it, 11 luglio 2018
In pieno spirito post Weinstein e zelo riformista, è lecito chiedersi se sia ancora possibile giocare con lo stereotipo del dongiovanni misogino e ossessivo. Tutti in piedi denuncia e dissolve il gioco alla prima sequenza, quando Jocelyn attraversa l'aeroporto col suo fluire ricco e colorato di facce, occasioni e storie diverse che stimolano le sue performance da bugiardo gaglioffo, esaltando il posticcio e rimandando la verità (sentimentale). Jocelyn passa il suo tempo a mentire a se stesso per sfuggirsi e sfuggire la vita del cuore. A fornirgli lo scatto esplosivo sono d'altra parte le scarpe running che produce con successo e calza con disinvoltura. Almeno fino al giorno in cui incrocia Florence, eroina romantica e lucida che segna commedia e cuore di un seduttore impenitente.
Spostando lo sguardo dalla disabilità estroversa di lei a quella introversa di lui, Franck Dubosc fa i conti col proprio limite e con quello del suo personaggio, radicato in un padre maschilista, fanfarone e immemore (Claude Brasseur). Da par suo, Alexandra Lamy costruisce un ruolo che sfugge a ogni fatuo cliché e riconosce la complessità andando oltre la 'normalità' di Jocelyn.
A distinguere Tutti in piedi è lo stilnovismo tipico delle commedie degli anni Novanta, coi suoi innamorati goffi che sussultano alla vista della donna che decidono di pedinare. Concedendosi l'incongruenza sentimentale, il protagonista caccia, spia e si incanta letteralmente nella contemplazione di Florence che gioca a tennis o suona il violino. A lungo intravista o timidamente sbirciata, è lei il punctum, il segreto di un coinvolgimento emotivo, la scheggia conficcata a tradimento nel cuore e dentro deflagranti momenti comici.
La musica e il suo motivo dominante, una nuova canzone italiana sottoposta a invecchiamento ("Amore mio"), percorrono il film in un crescendo che introduce le origini materne del personaggio, sostiene la tensione comica e articola la meccanica celibe di Jocelyn. Scapolo incallito che seduce da una sedia a rotelle con grandi occhi (blu) di bambino affamato nei quali si disferà qualsiasi idea di meschinità. La crepa, esibita per la prima volta, trasfigura in struggente paradosso erotico nella piscina a scomparsa dove l'acqua come il desiderio si ritira e risale. Primo film d'amore di Dubosc, Tutti in piedi si congeda con un sentimento profondo di equilibrio raggiunto da un uomo e una donna sulla linea di arrivo. Una commedia che cade in piedi mantenendo un opportuno understatement e volgendo lo svantaggio in risorsa.
Marzia Gandolfi, Mymovies.it, 14 settembre 2018Altre informazioni
Fotografia: Ludovic Colbeau-Justin
Musiche: Sylvain Goldberg, Emilien Levistre, Xiaoxi Levistre
Montaggio: Samuel Danési
Scenografia: Jérémie von Karlin
Costumi: Isabelle Mathieu
Suono: Antoine Deflandre, Matthieu Michaux, Fabien Devillers
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